A Maddi,
Di paola (del 08/04/2008 @ 19:58:09, in dBlog, linkato 1662 volte)
A Maddi, a tutti gli amici, quelli con cui ha giocato da piccolo, quelli della scuola, quelli del bar, dell’oratorio, del football, del Colibrì, del venerdì sera in pizzeria, gli amici storici di sempre, quelli più recenti, quelli della rampa, quelli conosciuti al Bomboclat, ai suoi affezionati ex colleghi del Maxi, a tutti i suoi colleghi e “principali” (si dice così?) della Df Sport Specialist, ai miei amici che sono diventati anche i suoi, a tutta la gente che ha conosciuto - anche per poco- per lavoro, interessi e passioni in comune, a tutti quelli che ha solo incontrato per caso e che si ricordano di lui, insomma, a tutti quelli a cui ha regalato, anche solo una volta, il suo splendido sorriso.
Si sa, l’inizio è sempre un po’ spiazzante, ma Lui avrebbe forse cominciato così “Ciao raga, allora?!?”, del resto è quello che diceva sempre allo specchio ogni volta che prima di uscire, immaginando di incontrare i suoi amici, indossava qualcosa di appena comprato … e mi faceva così ridere. Sono seduta in quello che chiamava “lo studio” e che io e mia mamma avevamo ribattezzato “la stanza degli orrori”, (aveva promesso di riordinarla un anno e mezzo fa circa); sono qui tra le sue cose, le sue innumerevoli riviste, i suoi colori e le sue tele, i suoi schizzi, i suoi post it (che regolarmente si ostinava a chiamare postil, ma non c’era verso di fargli cambiare idea), i suoi tanti foglietti sparsi sulla scrivania, anche la mia, i suoi soprammobili, quegli stupidi pupazzetti che insisteva a posizionare in un certo modo, le bombolette vuote, persino i tappini, una miriade di adesivi che accumulava in un cassetto appositamente comprato all’Ikea, e tanto altro ancora, un birillo del bowling, la scatola vuota del treno in miniatura che aveva dipinto al ritorno da New York, tutta una serie di attrezzi per la tavola che dimenticava appoggiati da qualche parte, insomma tutto il suo mondo e altro ancora. E tutto parla di lui, perfino le pochissime cose solo mie, lui era riuscito a renderle sue con il suo stile inconfondibile. Oggi, a solo un giorno dall’ultimo saluto “ufficiale”, prende corpo per me, e credo anche per tutti voi, un’ ancora incerta e fragile consapevolezza, nuova e aihmè tragica, quella dell’enorme vuoto. Stamattina al risveglio, dopo averlo salutato come mi sono ripromessa di fare finchè ne avrò la forza, mi sono detta “e adesso?”. Non ho trovato alcuna risposta e sono convinta che non ne troverò per lungo tempo. Dopo aver cercato qualcosa di pratico da fare mi sono venuti in mente tutti i messaggi che (così come mi hanno riferito gli instancabili amici che si stanno prendendo cura di me) voi avete cercato di mandare a lui. Eccomi qui allora: non so cosa vuole essere quello che sto scrivendo. Molti di voi hanno in questi giorni cercato di ricordarlo a vostro modo con aneddoti, pensieri, frasi mai dette e chissà, spero anch’io di darvi, attraverso queste parole, ancora qualcosa di lui, qualcosa di noi – è un modo per ringraziarvi, anche da parte sua, ne sono sicura.
Quando aveva bisogno di scrivere qualcosa per qualsiasi motivo (per il CD del matrimonio, per comprare o vendere su internet, per lavoro…) mi diceva “Allora, io te lo dico così, poi tu mettilo giù in italiano” e devo confessarvi che non sempre mi riusciva così bene di interpretare le sue idee. Sì, perché di idee ne aveva talmente tante e quando gli veniva di raccontarle incominciava dicendo “Allora, ho pensato…” e inevitabilmente gli rispondevo “Quando cominci così è perché devi dirmi una delle tue cazzate”. Alcune lo erano veramente, bisogna ammetterlo, altre invece, beh, immaginatevele, erano solo l’inizio di tutto quello che poi riusciva a fare così bene, a modo suo.
Mi piace pensare a come avrebbe raccontato la sua ultima vacanza, prima a me, quel maledetto sabato, dopo aver buttato giù le valigie in salotto e il piumino sul divano, e poi ai suoi amati amici, magari davanti a una birretta a casa nostra o fuori. E poi avrebbe trovato una scusa qualsiasi per passare dal Bomboclat, in settimana, perché quelli erano amici un po’ più difficili da riunire da noi. E di sicuro avrebbe avuto di che raccontare anche in negozio, a Angelo, e a Max che nominava sempre, alla Daniela, di cui parlava come un’amica, a tutti quelli che hanno fatto pausa pranzo con lui, quelli degli altri reparti che purtroppo non conosco ma di cui mi diceva un gran bene, quelli dei “numeri” (lui li chiamava così) e che lavoravano in ufficio, ai rappresentanti, ai clienti che, tra i tanti racconti, mi sembra di aver in qualche modo conosciuto anch’io. Non si sarebbe dimenticato poi di tutti gli altri, quelli che per vari motivi riusciva a vedere di meno, avrebbe sicuramente trovato un’occasione, un modo, per rendervi partecipi della sua immensa gioia. <
Ho scritto di getto le prime cose che mi sono venute in mente ma i ricordi sono talmente tanti e tutti così preziosi, impossibile riuscire anche solo a trovarne un ordine di importanza Ancora solo poche righe per confessare quanto sia terrorizzata di non essere all’altezza di questa dura prova che il tempo, inesorabile, renderà ancora più difficile. E infine una preghiera, che so per certo tenterete di esaudire, aiutatemi a portarlo sempre con noi. È questo quello che avrebbe voluto lui, accompagnarci sempre.
Ora il mio di saluto, “ciao scemo”.
La tua, come avrebbe detto l’amato papà Dante.
P.S. Perdonate dimenticanze, certamente non volute, nel citare i destinatari di queste mie parole. E un grazie dal cuore a tutti voi.
|